Sugghiata #14: Luce di giugno 

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Sono tornato a correre nei boschi più remoti, dove la neve ha lasciato spazio alle felci, e il freddo alla luce calda di giugno. Mi piace starci in movimento, dentro il bosco, come qualsiasi altro animale, perché ho la convinzione che c’è qualcosa oltre la bellezza statica, ed è la grazia di stare al mondo in continua trasformazione, o in movimento. Mi muovo per stare al passo con la Terra, allinearmi al suo battito, respirare forte come la sua bocca d’eruzione dietro le quinte delle colonne di legno. Così, corro nei margini, al debutto di mattini freschi o al finire di pomeriggi lenti. Corro tra le coccinelle in volo e il profumo di resina che mi rimanda indietro in un tempo scordato, quando scoprivo a piedi le contrade lontane di questa Montagna, e nei suoi orizzonti, odori, passaggi, suoni, profili, luci, mi perdevo ritrovandomi per sempre.

In questo bordo di un sogno talmente immaginario da far male ancora, rivedo tutti. Gli amici che non c’erano già più e quelli che avevo appena incontrato: mi salutano senza applausi e senza rancori. Le donne che ho baciato e quelle che non ho voluto, tra quelle che invece ho amato: mi guardano in silenzio col proprio urlo dentro. Non ho avuto figli perché non ho creduto all’ultimo mio amore, e tutti quei ragazzi a cui ho negato ogni volta col pensiero di esserci, sono i meravigliosi alberi magnifici che fanno questo bosco da incanto, nel quale corro. Loro ci sono, nonostante me.

Chissà se la vita sia qualcosa che possa esistere nonostante tutto, nonostante i padri abortiti o quelli immaturi, e nonostante le madri tardive o quelle superficiali. Chissà qual è il pensiero della Terra perché lì, proprio lì in quel tempo esatto di quel centimetro preciso, nasca un albero invece di un filo d’erba, o invece di un bambino.
Chissà se mai potrò diventare, in questo bordo di sogno talmente immaginario da far male ancora, l’abbraccio di aria al profumo di resina che culla la testa di mio padre, che non c’è più, come mio nonno certamente non ebbe mai pensato di fare, nemmeno all’inizio di una mattina luminosa di giugno come questa.


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