Santa Maria di Licodia, restaurato l’antico lavatoio

Il progetto di recupero, finanziato dal GAL “Etna”, riguarda anche l’ex macello e l’area adiacente la Fontana del Cherubino. Sull’intervento pubblichiamo uno scritto del Prof. Luigi Sanfilippo

È stato inaugurato, dopo un sapiente restauro finanziato dal GAL “Etna”, il lavatoio che si trova nei pressi della Fontana del Cherubino di Santa Maria di Licodia. Il progetto complessivo di restauro comprende anche l’area adiacente la fontana e l’ex Macello.
Di seguito uno scritto del Prof. Luigi Sanfilippo, del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Catania, sull’area oggetto dell’intervento.

I lavori in atto nell’area adiacente la Fontana Cherubino volti a risanare e renderla turisticamente fruibile anche con la realizzazione di un percorso storico-ambientale, comprendono anche il restauro di due manufatti riconducibili al XX secolo: Il lavatoio pubblico e l’ex Macello.
Essi insistono su una sedimentazione storico-architettonica di grande interesse, in un contesto ambientale-paesaggistico seppur con qualche criticità ancora “pittoresco”, per dirla come Miss Jeannette Power nella sua Guida per la Sicilia, ci si riferisce all’Invaso dell’Acquedotto di età romana, inteso “Botte dell’acqua”. Su di essa si riversavano le copiose acque delle diverse sorgenti per incanalarsi su un acquedotto il cui tracciato in parte carsico, l’altro monumentalizzato in un teorema sequenziale di archi, si snodava per … a serpentina fino a raggiungere la città di Catania. Alimentandone approvvigionamento e servizi pubblici di una città, quella del II secolo, in pieno sviluppo urbanistico.

Quest’opera di ingegneria idraulica, di per sé monumento-documento per dirla come Jacques Le Goff, al suo valore storico, ci restituisce il concetto di acqua come risorsa in termini assoluti, presupposto e condizione dell’antica antropizzazione di questa nostra area simetino-etnea, così storicamente connessa alla città, alla sua costa percepita come suo immediato entroterra. Una condizione oggi non più percepita ma non per questo meno valida, per indicare nuove opportunità di sviluppo dove agenzie territoriale come il Gal Etna troverebbe nuove ragioni d’essere mentre la governance dell’area metropolitana, ragioni di omogeneità e legittimità storico-sociale.

Copiose sono le fonti e la produzione letteraria nel tempo, prodotta intorno all’acquedotto tardo ellenico e poi romano del II secolo. Accompagnati in età moderna da diverse edizioni cartografiche, ci si limita a ricordare autori come Tomasso Fazello, Lorenzo Bolano, Pietro Carrera, Vito Maria Amico, Ignazio Paternò Castello, Jean Hoeul, Vincenzo Cordaro Clarenza, i fratelli Gemmellaro Sartorius W. Von Waltershausen, Salvatore Nicolosi, Silvana Lagona, fino allo studio collettaneo Acquedotto Romano, pubblicato del XXIII distretto scolastico di Paternò e dell’Assessorato Regionale ai BB. CC. e P.I. di Palermo nel 1997.

Il lavoro in corso finanziato con fonti del Gal Etna comprende anche la messa in sicurezza e la valorizzazione delle quattro bocche arcuate, riconducibili all’invaso rimasti in funzione malgrado la distruzione dell’invaso “Botte dell’acqua”, da dove ancora oggi fuoriescono le copiose acque della sorgente balzi e Rocca Conigliera:
Acqua Grande (Don Carubino e delle Caldaje);
Acque degli Spandenti (Romitello, del Buglio, del Fico, del Canale Rosso, della Chiusa Abate);
Acque del Buglio.
Lo stesso manufatto riprodotto n uno dei piatti di portata, quelli dedicati ai paesaggi italiani, del servizio da tavola in porcellana dura di Parigi a bordo dorato regalato da Napoleone Bonaparte e Josephine, oggi esposto al Museo La Malmaison di Parigi.

Luigi Sanfilippo

(2 luglio 2015)

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