“La Dignità” in mostra

vortice_rosa_001Con VORTICEROSA la creatività dell’Etna sbarca a Milano. “Il vulcano ha ispirato i miei primi schizzi”

La mancanza di proporzioni, la disarmonia e l’asimmetria si fanno metafora di un malessere che attanaglia un’intera generazione: la generazione di coloro che sono stati bistrattati dal mondo del lavoro. Così Vorticerosa attraverso il suo personaggio, denuncia una situazione che non può più essere elusa, lo fa con garbo ma con forza, per evitare ogni fraintendimento. Dal prossimo 4 al 9 novembre, avrà luogo, presso il Museo del Manifesto Cinematografico, di via Gluck, a Milano, la proiezione di un film e l’esposizione di una mostra personale dal titolo “La dignità” di Vorticerosa. Un unico evento per un’opera organica, ma con diversi materiali e forme.

Se i personaggi dei dipinti di Modigliani hanno dei colli lunghissimi e gli occhi ravvicinati, la bambina, scaturita dalla matita di Vorticerosa, ha una testa enorme, talmente grande e paesante da renderle difficile anche lo stare in piedi. Rappresenta la Dignità, la dignità ferita, oltraggiata. Questo, dunque, simboleggia la bimba simpatica, che ad un’occhiata distratta può sembrare persino allegra. La testa penzolante è il dolore greve della delusione, è lo sfruttamento e la prevaricazione di un lavoro concesso dietro ricatto e scevro di ogni tutela, nella migliore delle condizioni ossia quando questo lavoro c’è.

la dignità mostra vorticerosaNel mondo fantastico di Vorticerosa trova sede un’atroce realtà. In uno scenario ludico irrompe, con il volto di bambina, la fragilità di una società incapace di ottemperare ad un dovere costituzionalmente contemplato; la speranza, però, anche se sembra volare via come nei palloncini colorati, può essere riacciuffata, secondo quest’artista siciliana, ma milanese di adozione, che si contraddistingue per la  grande sensibilità e per l’acume.

L’autrice da anni ormai risiede e opera nel capoluogo lombardo, ma non bisogna dimenticare che la sua vulcanica creatività nasce con lei alle falde dell’Etna, a Paternò. L’impeto guerriero di chi non ci sta a farsi calpestare, di chi tiene la schiena dritta con dignità, trapela dalla sua indole inquieta. Sin dai suoi primi lavori le sue origini sono presenti, in modo particolare  nella collezione “Le donne del Sud”, alcune con lo sguardo severo, velato in uno scialle nero, rivelano un atavico senso di insoddisfazione.

L’Etna ha ispirato i miei primi schizzi. Ricordo – racconta il suo rapporto con l’Etna Vorticerosa – quando la osservavo dalla mia casa in montagna, da ragazzina. E’ sempre nel mio cuore il grande Vulcano e non perdo occasione, quando posso, di farlo visitare anche ad amici che vivono all’estero o nell’Italia settentrionale. Ho condiviso il meraviglioso spettacolo che offre con il mio compagno, e rimango ancora affascinata da quei ruderi di case distrutte dalla lava, segno di un passato, di un trascorso storico di vite vissute come tema a me molto caro”.

E’ ecclettica, quest’artista etnea che elabora la sua poetica in mille forme diverse e con materiali dissimili, senza tuttavia modificare il messaggio. Partendo dal video art, in quest’ultimo lavoro, approda ad una visione d’insieme di un’opera meditata in svariate compagini, dalla scultura in ceramica fino ai dipinti in acrilico acetato, interagenti con i poster nella sala d’esposizione del Museo. Una crescita artistica sempre in fieri: dalla pubblicità, dal lavoro di art director, alle creazioni artistiche più mature dove la liricità dei personaggi è preponderante rispetto al materiale prescelto.

Il grigio di un cielo finito, in cui si muove la bambina dalla testa sproporzionata, dà la sensazione di un’effimera serenità, in questo limbo l’urlo di denuncia dell’artista trova la sua eco. Nonostante il traslato sia palese, la bambina non è solo l’alter ego dell’artista, ma di donne e uomini che hanno assistito, anzitempo e iniquamente, al crepuscolo delle loro possibilità di realizzazione professionale e anche umana, perché i due aspetti non sono antitetici. Se è vero che l’uomo non è il suo lavoro, è pur vero che il lavoro gli conferisce dignità e lo nobilita. Privandolo del lavoro la china verso la disumanità, verso lo smarrimento dell’individuo, sopraffatto dal peso dei suoi pensieri, diviene inesorabile. L’attuale disagio che vive l’individuo privo di lavoro o sfruttato in un impiego frustante e senza garanzie, viene narrato in maniera esplicita. Non è una sterile recriminazione, piuttosto un monito a che il rispetto verso se stessi, la dignità insomma venga preservata, che l’uomo non la baratti per nessun motivo, anche quando tutto sembra perduto. Sublima la rabbia tramite i suoi personaggi Vorticerosa, inoltre sottesa alla creazione della bambina, sembra esserci l’auspicio che attraverso la creatività si possa individuare la via per il riscatto morale e sociale dell’individuo.

Lucia Paternò

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