Come sono grandi le prigioni per gli animali!

Ho capito che in Sicilia avete due categorie di cani: quelli che chiamate animali “d’affezione” cui riservate tante piccole cure, che tenete al caldo delle case e qualche volta fate riposare nel vostro stesso letto. E poi ci sono gli altri cani, quelli della seconda categoria: vivono per strada, qualche volta in branchi.

Qualcuno di loro di tanto in tanto viene catturato e sbattuto nelle prigioni che chiamate canili. Mi hanno detto che il motivo è che potrebbero essere pericolosi, ma in effetti molti di quelli che stanno ad abbaiare dietro le grate non sembrano così pericolosi. La legge (ne avete una regionale del 2000) recita che siccome possono essere un rischio per la pubblica incolumità vanno “custoditi”.

Ho capito però che il vero problema sta nel fatto che questi benedetti cani vagabondi copulano spesso e fanno nascere tanti cuccioli. E così mentre qualcuno finisce nelle prigioni molti altri restano in giro e continuano a darsi da fare per mettere al mondo altri cagnolini. La vostra stessa legge regionale prevede che i randagi debbano essere sterilizzati e possano anche essere rimessi in libertà, se di indole docile. E invece vedo che le vostre prigioni per cani diventano sempre più grandi.

Quindi vuol dire che qualcosa non funziona nel meccanismo: sono più gli animali che entrano che quelli che escono. Da bravo marziano ho acceso il computer e dato un’occhiata alla contabilità di tre Comuni dell’Etna (ma la situazione è simile anche altrove).

Lo sapevate che il mantenimento dei cani in prigione è a carico delle amministrazioni comunali e quindi di voi terrestri? E non sono pochi soldi considerato che ogni animale dietro le sbarre costa ogni giorno 4,50 euro. Moltiplicato il numero degli ospiti significa che per esempio Nicolosi ha speso per 42 cani oltre 17 mila euro ogni tre mesi, che fanno in tutto 69 mila euro l’anno; Trecastagni ha messo in bilancio 75 mila euro, ma ho capito che non saranno sufficienti; Zafferana Etnea è arrivata a liquidare 34599 euro a luglio del 2020 per i suoi “cani detenuti” per un periodo di quattro mesi, che significano oltre 100 mila euro per un anno. Sono belle cifre. Tanto per dire le stesse somme a volte non vengono spese per la manutenzione degli edifici scolastici, quelli dove vanno i ragazzini.

E poi per ottenere cosa? Di certo non la felicità dei cani messi in prigione. Certo qualcuno di loro ogni tanto viene adottato, ma sono sempre pochissimi in confronto a quanti ne arrivano. In più, siccome in questa bellissima isola funzionano solo le strutture private, non esistono ricoveri per animali di proprietà pubblica e gli stessi Comuni hanno difficoltà a bandire le gare d’appalto. Risultato? I vostri sindaci etnei – come tutti gli altri- ricevono le fatture dai canili privati e autorizzano il pagamento senza poter troppo discutere, anzi debbono ogni anno aggiungere nuove risorse distolte da altri settori.

Le città degli animali dietro le gabbie sono sempre più affollate, ma anche i cani a zonzo mi sembrano sempre di più. E nel frattempo i vostri amministratori continuano a spendere tanti soldi. Si penso proprio che c’è qualcosa che non funziona in tutto questo…

In apertura foto di Carmelo Cavallaro

Giuseppe Riggio racconta l'Etna e la Sicilia da trentacinque anni. Giornalista pubblicista ha collaborato con importanti testate locali e nazionali. Autore di diversi libri dedicati alle bellezze nascoste della nostra regione ha dedicato anni di ricerche alla valorizzazione della memoria del Novecento. Per l'editore Maimone ha diretto per otto anni il trimestrale culturale Etna Territorio ed ha scritto alcune delle sue opere più recenti. Vive pensando positivo, immerso nelle contraddizioni di un'isola meravigliosa, ma – forse – incorreggibile.
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