Ma i siciliani sono religiosi?

Ma i siciliani sono religiosi? Cosa rappresentano quelle folle di persone che vanno in giro nelle viuzze dei paesi durante il periodo pasquale? Me lo sono chiesto andando ad assistere alle celebrazioni della Settimana Santa. I miei amici mi hanno portato a vedere crocifissi sofferenti portati in processione, ma dietro c’erano folle distratte, conversazioni al telefono, venditori di palloncini, raffiche insistenti di fuochi d’artificio.

Io non capisco molto di queste cose, dalle nostre parti non si usano.

Però mi avevano spiegato che si trattava di ricordare una morte lontana ma importante, dalla quale era partita la rivelazione di una religione che intende addirittura cambiare gli uomini.

Pensavo che si trattasse di partecipare al ricordo della sofferenza ingiustamente inflitta al figlio di un Dio venuto in Terra per annunciare l’eguaglianza degli uomini, il potere come servizio agli umili, la dignità anche dei peccatori.

Capisco che quelle processioni in fondo rievocavano un funerale dal lieto fine: dopo tre giorni secondo le scritture avvenne il miracolo della resurrezione. Ma sempre un crocifisso era quello che gli uomini di quei paesi siciliani portavano in spalla. Il simulacro era pur sempre quello di un Cristo inchiodato a due pezzi di legno, seguito dalla madre piangente e dolente, come accade dappertutto alle donne che vedono soffrire le creature che hanno messo al mondo .

Eppure nei posti che ho visitato molti sembravano partecipare ad una allegra festa, ad una adunata di vecchi amici, l’occasione buona per mandarsi selfie. Il povero prete provava a ripetere che nel libro della Buona Novella c’è scritto che la Pasqua deve servire ad ognuno a cambiare qualcosa nella propria vita.

Ma nessuno sembrava ascoltarlo in quei paesi siciliani che ho visitato, erano tutti impegnati a fare grandi gesti, a chiamarsi al cellulare, e poi alla fine si salutavano sempre allo stesso modo: “Auguri, auguri, fai gli auguri anche a tua madre ed alla tua famiglia. 

“Ma auguri di cosa?”, ho provato a chiedere. 

“Auguri di buona Pasqua, perché ci sia pace e prosperità”, mi hanno risposto. 


Foto: Pietro Nicosia

Giuseppe Riggio racconta l'Etna e la Sicilia da trentacinque anni. Giornalista pubblicista ha collaborato con importanti testate locali e nazionali. Autore di diversi libri dedicati alle bellezze nascoste della nostra regione ha dedicato anni di ricerche alla valorizzazione della memoria del Novecento. Per l'editore Maimone ha diretto per otto anni il trimestrale culturale Etna Territorio ed ha scritto alcune delle sue opere più recenti. Vive pensando positivo, immerso nelle contraddizioni di un'isola meravigliosa, ma – forse – incorreggibile.
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