Una città ricca di mistero, che vive di molte anime e sonorità, stratificate nei secoli: Catania è la protagonista del documentario in prima visione “Catania, teatro in chiaroscuro” di Giuseppe Sansonna, in onda domenica 27 febbraio alle 22.00 su Rai 5 (disponibile su RaiPlay).
La città non è solo quella del lirismo passionale di Vincenzo Bellini, perchè vanta anche una lunga tradizione jazz: la catanese Dora Musumeci è stata la prima pianista e cantante jazz italiana. Suonò con Dizzy Gillespie, Lionel Hampton, Cannonball Adderley, Sergio Gaslini, Gorni Kramer, Romano Mussolini ed Ennio Morricone. Ma quando la sua fama superò quella dei colleghi maschi si scontrò con un mondo ancora molto misogino. Isolata e delusa, tornò nella sua Catania per dedicarsi alla musica classica e al teatro.
Ma c’è anche una curiosa storia rock, incarnata dallo storico gruppo noise degli Uzeda.
C’è il fenomeno ultrapop dei neomelodici: cantano tutti in napoletano, lingua comune del genere, anche se sono siciliani e uno di loro ha provato ad inserire anche il catanese, all’interno di testi rigorosamente partenopei.
Ci sono, poi, i violini dei bambini del quartiere di Librino, che rischiarano il grigiore della periferia. Il progetto si chiama Musicainsieme a Librino. È una orchestra giovanile basata su “El Sistema” ideato da José Abreu in Venezuela che promuove l’inclusione sociale attraverso l’insegnamento “condiviso” della musica e la caratteristica è che vi insegnano gratuitamente alcuni professori d’orchestra del Teatro Massimo Bellini di Catania.
Ci sono, ancora, le cadenze popolari del mercato della Pescheria e del quartiere di San Berillo; la voce tonante di una razza estinta di mattatori, come Turi Ferro; e le ariosità ironiche della prosa di Vitaliano Brancati.
Ma Catania è anche l’intelligenza sorniona e implacabile di Giuseppe Fava, il suo coraggio di giornalista, pagato con la vita. Il suo esempio è seguito da giovani cronisti, riunitisi nello splendore di Palazzo Biscari, desiderosi di fare giornalismo di qualità, senza sentirsi costretti ad abbandonare la propria terra.