Lo sci degli gnomi è finito

Entro nella casetta di legno per cambiarmi le scarpe. Sci e bastoncini, li ho appena appoggiati fuori. C’è la stufa a legna accesa, è tutto molto ordinato, pulito, funzionante, sulle pareti vedo locandine di eventi sportivi passati e immagini di atleti di vent’anni fa. Lucio Domanti è il simbolo dello sci di fondo del versante nord dell’Etna ed è davanti a me. E’ un signore elegante e silenzioso, che stamattina presto ha aperto la porta della Scuola di Sci di Fondo di Piano Provenzana, acceso la stufa, aperto gli scuri ed è in attesa dei clienti. “Vengono, ma sono pochi. Anche se noi battiamo ogni sera la pista”. Parla piano, con un tono d’amarezza.

Dico che vengo dall’altro versante, quello di Piano Vetore, ché lì non c’è neve a sufficienza. “Non è questione di neve”, mi fa guardandomi negli occhi. Esce le mani dalle tasche e se le pizzica, come per tenerle a freno. Allora capisco e dico “non ci sono i ragazzi”. Lucio abbassa la testa e tira un respiro profondo.

Le porto i saluti del mio amico Antonio Rizzo (uno dei due più vecchi maestri di sci di fondo di Etna Sud, l’altro è Baffone, al secolo Antonio Carbonaro), dico mentre mi infilo la seconda scarpa da skating. Allora lui sorride e mi dà in consegna il ricambio di saluto: con Antonio abbiamo fatto un sacco di gare, eravamo avversari, ma col massimo rispetto e c’era un vivaio, ragazzini che ci seguivano e si allenavano nei pomeriggi fino al tramonto.

Io me li ricordo, quando salivo anch’io certi pomeriggi a Piano Vetore. Il pulmino saliva da Nicolosi e li scaricava davanti la casetta di legno e loro subito con gli sci cominciavano a girare ed era un piacere vederli sfrecciare, piccoli e rapidi come tanti gnomi, in quella meravigliosa pista di neve fino al calar del Sole. Mi mettevano una gioia inspiegabile, come fosse giusto, come un atto dovuto di speranza. Capitava poi che qualche volta si mettesse a fioccare e allora non mi fermavo per non farmi vedere luccicare gli occhi.

Era un tempo di diversi anni prima che nascesse mia figlia e mi feci una piccola promessa di felicità: sciare con mia figlia su quella pista col Sole basso di pomeriggio, fino alla fine del giorno. Il destino mi accontentò e c’è una foto che ritrae me e lei piccola, sugli sci a Piano Vetore con gli ultimi raggi addosso, mentre la Luna alle nostre spalle è appena salita a Est.

Ma non è questione di neve, i ragazzini non ci sono più. Siamo gli ultimi sciatori di una disciplina sportiva in via d’estinzione, pur essendo lo sci di fondo, l’originale. Fu questo, il primo sci praticato dall’uomo, per muoversi più agevolmente sui territori innevati per andare a caccia o a pesca nei laghi ghiacciati del Nord Europa. Poi è diventato da discesa, poi ancora snowboard. E forse è nella sua evoluzione finale la ragione della diaspora giovanile, ragazzi che non vogliono più faticare così tanto, ma godersi l’adrenalina dei salti e delle discese sempre più tecniche e veloci.

Scendere dalla macchina e mettersi subito gli sci, inoltrarsi sulla pista senza impianti di risalita, senza fila, senza orari di apertura e chiusura e avere il gusto di poter uscire fuori pista e infilarsi nel bosco, scorrere silenziosi tra le orme delle volpi e delle lepri, fare chilometri nella natura selvaggia e sentire l’Uno di appartenenza a tutto, fare tutto questo, anche commuoversi per tutto questo, è qualcosa che i ragazzi non possono provare perché non conoscono.

Incentivi per uno sport verde a bassissimo impatto ambientale, a costo energetico irrisorio, dovrebbero esser fatti soprattutto dalle istituzioni deputate allo scopo di salvaguardia e tutela del patrimonio naturale, come il Parco dell’Etna. Dovrebbero, se non ci fosse una politica nazionale e regionale sempre più idiota, che non vuole metter soldi e mezzi in questo settore.

Chiudiamo la porta alle nostre spalle e Lucio Domanti mi accompagna sulla pista. Metto i guanti e inforco le prese dei bastoncini. Mi augura una buona sciata. Lo saluto e penso che la rivoluzione, come sempre, parte da noi stessi. Non mi arrendo io. Scio e racconto a mia figlia le continue meraviglie dello sci di fondo nella natura d’inverno.

Sergio Mangiameli è del ’64, geologo, giornalista pubblicista, interprete naturalistico, vive sull’Etna. Ha pubblicato i racconti “Dall’ulivo alla luna” (Prova d’Autore, 1996) e “Rua di Mezzo sessantasei” (Il Filo, 2008), i romanzi “Aspettando la prima neve” (Rune, 2009), “Dietro a una piuma bianca” (Puntoacapo, 2010), “Sul bordo” (Puntoacapo, 2013), “Come la terra” (Villaggio Maori, 2015, che ha partecipato a MontagnaLibri 2016 del Trento Film Festival), “Quasi inverno” (A&B Editrice, 2018), "La nevicata perfetta" (A&B Editrice, 2020). Ha scritto i testi di “MicroNaturArt – voci dal microcosmo” (Arianna, 2014), esperimento letterario di fotografia scientifica; i racconti di “Ventiquattr’ore – fotografie di finestre e parole intorno” (Puntoacapo, 2016), i cui scatti sono di Lino Cirrincione; e, assieme al vulcanologo Salvo Caffo, “Etna patrimonio dell’umanità, manuale raccontato di vulcanologia e itinerari” (Giuseppe Maimone Editore, 2016), con le illustrazioni di Riccardo La Spina. Ha scritto i testi dei film corti “La corsa mia” e “Idda”, e i monologhi “Questa storia” e “Il gioco infinito”, visibili entrambi su YouTube. Sul portale web Etnalife, scrive racconti etnei per la rubrica letteraria “Storie dell’altro mondo”. “La piuma bianca” è il suo blog sul magazine online SicilyMag. L’esperimento nuovo è “Le colate raccontate” – vulcanologia storica dell’Etna e narrativa surreale insieme, tra esattezza scientifica e finzione letteraria in racconti –, portato in scena col vulcanologo Stefano Branca.
Condividi con un amico
Questo articolo potrebbe interessarti: Lo sci degli gnomi è finito! Questo è il link: https://www.etnalife.it/lo-sci-degli-gnomi-e-finito/