Facebook è nato qui?

Sai che ti dico? Che Facebook, qui sull’Etna, l’avevamo prima che arrivasse nelle città. E ti dico di più: nei paesini, Facebook viene ancora oggi vissuto fisicamente.
Uhm, dici?

Se arrivi in un paese dell’Etna e chiedi un’informazione, molto probabilmente non avrai una risposta, ma una domanda: lei a chi cerca? E non significa farsi i cavoli tuoi, ma semplicemente volerti aiutare nella ricerca, perché la persona cercata può trovarsi in un altro luogo e tutti lo sanno. Se ci pensi, già sembra quasi Face…
Vai avanti.

Tutti i paesani originali hanno un pèccuru, cioè un nome aggiunto, che sostituisce il cognome: Turi Spimmula, Tano Pizziddu… Ci possono essere numerosi Giuseppe Pulvirenti nello stesso paese, ma uno solo sarà Turi Spimmula. Il sistema sociale non ne ammette altri, e così il riconoscimento diventa facile e immediato per tutti.
Ma guarda un po’, sembra quasi che hai ragione.

Senti questa, allora. Se davanti all’uscio di casa, tu esponi qualcosa di nuovo, gli amici compaesani che passano si sentono in diritto di dire la propria. Se ti capita di trovarti in difficoltà o in emergenza, tutto il paese si fa in quattro, passandosi subito parola fino all’ultima porta dell’ultima casa. Adesso che ne dici?
Vero! Mi hai quasi convinto: uguale-uguale.

Eh, eh… in piazza poi ci stanno i vecchi seduti sulle panchine a veder passare la vita che resta. Selezionano i passaggi, non giocano ad alcun gioco sociale, non hanno più voglia di rincorrere con la parola nessuno, parlano poco ma quando dicono, gli altri stanno in silenzio, condividono e si accodano. Vedi? Che ti dicevo? Facebook è nato qui, altro che Harvard.
Ok, posso dirti una cosa piccola piccola, vero?

Certo, su, spara.
Ecco, mi viene in mente questo. Quando scassa ‘a Muntagna, qui nessuno corre, qui nessuno fa balzi né piroette, e nessuno scatta fotografie come fosse una cosa strana. Perché ‘a Muntagna, qui in questo modo di vita vulcanico, fa parte della vita vera e non si può stare una vita a scattare foto alla stessa vita da mettere poi davanti all’uscio di casa o nella piazza del paese. Perché qui nessuno gli direbbe bravo e la gente soprattutto ha altro da vivere.

Leggi altre: Storie dell’altro mondo
Sergio Mangiameli è del ’64, geologo, giornalista pubblicista, interprete naturalistico, vive sull’Etna. Ha pubblicato i racconti “Dall’ulivo alla luna” (Prova d’Autore, 1996) e “Rua di Mezzo sessantasei” (Il Filo, 2008), i romanzi “Aspettando la prima neve” (Rune, 2009), “Dietro a una piuma bianca” (Puntoacapo, 2010), “Sul bordo” (Puntoacapo, 2013), “Come la terra” (Villaggio Maori, 2015, che ha partecipato a MontagnaLibri 2016 del Trento Film Festival), “Quasi inverno” (A&B Editrice, 2018), "La nevicata perfetta" (A&B Editrice, 2020). Ha scritto i testi di “MicroNaturArt – voci dal microcosmo” (Arianna, 2014), esperimento letterario di fotografia scientifica; i racconti di “Ventiquattr’ore – fotografie di finestre e parole intorno” (Puntoacapo, 2016), i cui scatti sono di Lino Cirrincione; e, assieme al vulcanologo Salvo Caffo, “Etna patrimonio dell’umanità, manuale raccontato di vulcanologia e itinerari” (Giuseppe Maimone Editore, 2016), con le illustrazioni di Riccardo La Spina. Ha scritto i testi dei film corti “La corsa mia” e “Idda”, e i monologhi “Questa storia” e “Il gioco infinito”, visibili entrambi su YouTube. Sul portale web Etnalife, scrive racconti etnei per la rubrica letteraria “Storie dell’altro mondo”. “La piuma bianca” è il suo blog sul magazine online SicilyMag. L’esperimento nuovo è “Le colate raccontate” – vulcanologia storica dell’Etna e narrativa surreale insieme, tra esattezza scientifica e finzione letteraria in racconti –, portato in scena col vulcanologo Stefano Branca.
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