Cinque anni di Etna Unesco: che sia una occasione per tutta la Sicilia

Un lustro, un tempo né lungo né breve, ma certamente un anniversario importante: Oggi l’Etna festeggia il quinto anniversario dell’inserimento nella prestigiosissima World Heritage List. Etna, Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco: scrissero i giornali di tutto il mondo, quel 21 Giugno del 2013, riferendo della lunga ovazione dei rappresentanti dei 192 Paesi membri dell’Unesco nel corso della solenne plenaria a Phnom Penh, capitale della Cambogia, alla lettura del nome del vulcano siciliano, il più alto d’Europa ed uno dei più attivi al mondo.
La candidatura Italiana, istruita dal Parco dell’Etna, era stata accolta e sostenuta dall’Assemblea mondiale degli Stati che compongono l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura.
Un bollino mondiale ad un bene naturalistico (sono solo quattro in Italia quelli riconosciuti Patrimonio dell’Umanità) il cui valore è stato riconosciuto Universale non solo per l’unicità del bene in se, un vulcano che racchiude in se uno spettro amplissimo di fenomeni geologici e vulcanici, ma anche perché l’Etna è stato per secoli, anzi per millenni, culla della vulcanologia mondiale, luogo di studi, ricerche, documentazione che risalgono a ben 2.700 anni fa.

Un riconoscimento “dovuto”, si scrisse in alcuni quotidiani locali, ma è indubitabile che il riconoscimento Unesco, che appariva tanto scontato e quasi preteso, era  stato utilizzato per anni come proclama da molti politici e a lungo inseguito invano da varie proposte di candidatura non andate a buon fine.
Quel 21 giugno di 5 anni fa, con questo prestigioso riconoscimento, parve allora aprirsi una nuova fase per il vulcano siciliano, per il suo territorio di riferimento e per il Parco che lo tutela da 31 anni e che oggi è anche ente gestore del sito.
La notorietà mondiale, la ribalta mediatica internazionale, l’attenzione non solo del settore  turistico-ricreativo ma anche e soprattutto culturale e sociale hanno proiettato l’Etna verso un percorso naturale di sviluppo ecosostenibile e di crescita, anche delle sensibilità verso l’ambiente e la sua tutela diffusa.
Chi scrive ha vissuto questo lustro di protagonismo dell’Etna da un “osservatorio” molto particolare: la presidenza del Parco dell’Etna, poltrona ambita quanto scomoda, assegnata qualche mese prima del riconoscimento dopo una lunghissima vacatio, ed ha avuto la fortuna di lavorare, fianco a fianco, con la squadra che preparato il dossier di candidatura, i cui membri ha nominato, all’indomani del riconoscimento, componenti dello staff di gestione del Sito Unesco.

Sono stati anni vissuti con un’attenzione al Patrimonio mondiale ma anche con l’impegno ad una concreta gestione del territorio anche esterno al perimetro Unesco, che continuava a scontare problematiche ataviche legate alla crisi della gestione del sistema dei rifiuti, all’abbandono dell’agricoltura nell’area protetta ed alla non matura vocazione turistica del territorio. Tantissimo il lavoro svolto in questo lustro, lavoro che ha portato a risultati concreti e tangibili come la segnatura e la promozione di oltre 300 chilometri di sentieri di media ed alta montagna, il recupero e la gestione finalizzata alla fruizione turistica di sei nuovi punti base del Parco, il recupero di siti archeologici oggi fruiti per fare archeotrekking, la lotta all’abusivismo nel Parco, l’avvio di una stagione che ha coinvolto  decine di migliaia di studenti di ogni ordine e grado in attività di educazione ambientale, la conclusione, con la redazione della Vas, della procedura per l’approvazione del Piano Territoriale del Parco, ormai ad un passo dall’essere decretato, i tantissimi interventi in favore della salvaguardia della biodiversità del Parco e di una agricoltura di qualità che recuperi le tradizioni locali ed il paesaggio e da ultimo gli interventi di promozione e rilancio del Sito Unesco attraverso i finanziamenti ottenuti sia nel 2016 che nel 2017 dal Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali (ex legge 77/2006) grazie ai quali è in fase di redazione anche il nuovo Piano di Gestione del Sito Unesco Monte Etna, oltre che il nuovo sito on line e un’applicazione dedicata alla fruizione turistica ed alla sicurezza in montagna.

Eppure il lavoro più importante di questi lunghi ed intensi anni al Parco è stato principalmente un lavoro i cui risultati sono immateriali: il lavoro di costruzione di reti di associazioni, cittadini, imprenditori, vicini al Parco e protagonisti, a vario titolo, del percorso di ecosostenibilità del suo ambiente e del suo territorio. Un percorso di costruzione di cittadinanza attiva, attorno all’Etna ed al suo Parco, modello di sviluppo virtuoso replicabile in tanti altri ambiti, fisici e sociali.
A cinque anni dal riconoscimento, tuttavia, non si possono non citare anche i tanti progetti ancora in itinere, quelli per i quali chiedere i fondi della nuova programmazione (ad es. la realizzazione di una pista ciclabile, in collaborazione con l’Acoset e con i comuni che lo compongono, che abbracci il vulcano a quota 600/800 metri di altitudine) ma anche la costituzione di un Mab Unesco “Etna Landscape”, già appoggiato e sostenuto dal Ministero dell’Ambiente, insieme con il territorio dei Nebrodi, l’Alcantara, Taormina e le Valli dell’Agrò, che costituirebbe un polo di attrazione naturalistico ambientale di livello planetario, e che oggi appaiono messi in stand by dalle scelte del governo regionale attuale, non sempre testimone di interesse per l’ambiente e per uno sviluppo ecosostenibile del territorio.
Auguriamo ai parchi ed alle riserve siciliane una lunga vita a servizio dei cittadini e dell’ambiente e non lasciamo che un risultato importante come il riconoscimento Unesco, frutto di sacrificio ed occasione di ribalta mondiale per il nostro martoriato territorio, finisca nel dimenticatoio delle cose inutili o peggio si aggiunga alla lunga lista siciliana delle occasioni mancate.

Donna, figlia, moglie, madre, insegnante, cittadina etnea
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